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PROGETTARE PEZZI IN LAMIERA PIEGATA: SVILUPPI BELLI E PRONTI

 

Dalla progettazione alla produzione: il lavoro sporco.

Quanto conta e quanto costa l’ufficio tecnico del terzista.

 

È bellissimo avere delle idee da realizzare.

Alcuni li chiamano “progetti” e ogni giorno si apprestano a tradurre in concreto il concetto di un file 3D.

Parlo, ovviamente, del lavoro dei progettisti meccanici che, grazie al proprio CAD preferito, modellano nello spazio virtuale in totale assenza di peso oggetti dalla forma e dimensione più svariata.

 

Tutto ok, tranne quando iniziano i pezzi in lamiera piegata!

 

Molto spesso nelle aziende di lavorazione della lamiera si assiste ad errori con sole due caratteristiche:

  • reiterati
  • incolpevoli

entrambi dovuti alla scarsa conoscenza del processo di pressopiegatura.

La lavorazione della lamiera, come tutte, presenta dei limiti fisiologici che vengono generalmente ignorati dai progettisti che sono dei teorici puri. Aggiungiamoci che parliamo di una lavorazione estremamente:

  • pratica
  • personalmente interpretabile
  • e legata indissolubilmente al fattore umano

 

Ora:

Come può un progettista conoscere i segreti della produzione,

anche quelli specifici di un’azienda di lavorazione della lamiera in particolare,

se non vi ha mai messo piede?

O, più precisamente, se non la conosce dall’interno?

Proprio a questo servono gli uffici tecnici delle aziende terziste:

per fornire una consulenza attiva e “tagliata su misura” in base alle reali possibilità di realizzazione dei pezzi.

 

Ma se da un lato si rivela insostituibile in toto un servizio di consulenza, lavoro che, peraltro, reputo molto gratificante, dall’altro esiste la spinosa questione degli sviluppi

Nel mio breve ma intenso periodo in ufficio tecnico (io provengo principalmente dalla produzione), ricordo ancora con tristezza le ore e ore passate a “sistemare” le dimensioni dei pezzi, anche i più banali.

Ai tempi si utilizzava un cad 2D, strumento al top, per l’epoca.

 

L’iter era il seguente:

STEP 1

Arrivava un disegno DWG o DXF o, in molti casi, in cartaceo dal cliente che conosceva tutto del prodotto finale, ma nulla (o quasi) del come i propri articoli venivano prodotti.

 

STEP 2

Si disegnava lo sviluppo dalle proiezioni ortogonali (era il tempo dei 2D) per “scomporre il pezzo” in varie facce.

 

STEP 3

Si univano le facce lungo le linee di piega avendo cura di stirare ai lati delle stesse tanto materiale quanto necessario in base al tipo di acciaio, matrice utilizzata e spessore.

 

Proprio quest’ultimo step, in linea di massima, era ed è ancora oggi un’operazione che

potrebbe benissimo essere evitata, in quanto basterebbe che il progettista conoscesse le matrici da utilizzare

e i “ritiri” da applicare di conseguenza.

Ciò permetterebbe vantaggi innumerevoli tra cui:

1.

Immagina che un articolo venga progettato e disegnato già con uno sviluppo dedicato agli utensili che utilizzerà il terzista: non cisarebbe più il bisogno di riprendere in mano tutto

2.

Significa che il cliente può pagare meno, in quanto vengono ridotte le tempistiche.

Il terzista, invece, può permettersi di marginare qualcosa in più, fornendo con il suo ufficio tecnico un servizio a maggior valore aggiunto fatto di consulenza e sviluppo di pezzi più complessi.

3.

Ma come mai questo non avviene in nessuna azienda di lavorazione della lamiera?

Per un sacco di ragioni, quali:

 

INCONSAPEVOLEZZA

Non tutti hanno idea che le situazioni possano essere migliorate.

Ognuno, normalmente, è assolutamente già immerso nelle proprie problematiche quotidiane e difficilmente può porsi delle domande su questioni apparentemente irrisolvibili!

 

CHIUSURA E MANCANZA DI COMUNICAZIONE

Non è detto che il terzista sia sempre ben disposto a rilasciare il “malloppo” (se ce l’ha) delle proprie tabelle esperienziali. Ossia tutti quei valori che rappresentano i ritiri e che sono stati rilevati sperimentalmente con le proprie attrezzature in anni e anni di lavoro ed esperienza con la lamiera.

 

SCARSA VOGLIA DI MIGLIORARE

Anch’essa è molto presente. A parole siamo tutti bravi sul dire frasi come: “Non si finisce mai di crescere” o essere apertamente contro a frasi come “Abbiamo sempre fatto così!”, salvo poi andare in crisi non appena compare il sentore che qualcosa potrà scalfire anche minimamente la nostra beneamata maledettissima zona di comfort.

 

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