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Piegatura della lamiera: uomini e robot in officina

 

Provo un’attrazione davvero irresistibile quando vedo un robot antropomorfo rinchiuso nella sua gabbia che si sbraccia con movimenti rapidi, precisi e taglienti per caricare, lavorare e posare ordinatamente sui pallet gli articoli ad esso assegnati.

Traiettorie rettilinee o archi tesi, rotazioni rapidissime e getti d’aria con sotto un suono costante e cadenzato di accelerazioni elettriche e altrettante frenate.

 

Il robot, in un pensiero:

la massima espressione tecnologica sulla terra

agli occhi del bambino che vive dentro di me.

 

Pensare che una macchina versatile possa assolvere ai doveri dell’uomo, anche quelli di una certa complessità, è per i ragazzi di una volta come me un sogno ad occhi aperti, un incantesimo della tecnica.

I robot si fanno strada oggi diventando flessibili, facili da programmare e in alcuni casi… “amici” (vedi i cobot). Possono lavorare addirittura gomito a gomito con l’uomo togliendo a quest’ultimo il compito noioso, ripetitivo o usurante.

Eppure, in questa lunga serie di vantaggi, c’è chi li guarda con diffidenza talvolta preconcetta.

 

 

 

PIEGATURA ROBOTIZZATA

Tra le prime forme di automazione alla pressa piegatrice non si può non citare il glorioso robot cartesiano che spesso si vede campeggiare ancora in molte officine di piegatura della lamiera.

Si tratta di un braccio con più guide corrispondenti agli assi di movimento che, imperniato spesso ad un grosso telaio di acciaio, esegue tutte le traiettorie per cui è stato programmato.

La tecnologia negli ultimi anni ha spinto molto in questo senso, arrivando a proporre sistemi integrati con macchina e il braccio robotizzato che nel frattempo si è liberato dal telaio è divenuto “antropomorfo”.

Se aggiungiamo tra i compiti anche quello di attrezzare la pressa piegatrice, ecco fatto: apparentemente il limite è solo quello della fantasia.

 

IL BELLO E IL BRUTTO

Generalmente possedere una cella di piegatura della lamiera robotizzata consente numerosi vantaggi tra cui:

  • l’aumento della produttività;
  • lo sgravio dalle mansioni più semplici e noiose per gli operatori;
  • l’aumento intrinseco della loro professionalità: meno pezzi facili e di quantità necessitano di capacità non proprio basilari.

 

Tuttavia, un robot funziona se qualcuno è in grado di farlo lavorare…ed è pur vero che non è tutto oro quel che luccica.

È capitato che molte aziende abbiano rimpianto l’aver investito in una cella robotizzata in quanto hanno trovato la programmazione molto complessa e laboriosa, non sono rimasti soddisfatti della qualità dei pezzi oppure hanno trovato ostacoli fisici inaspettati durante la produzione.

Se da un lato un’esperienza negativa in questo senso lascia un segno difficilmente cancellabile, dall’altro è bene ricordare che non è mai opportuno generalizzare.

 

Per questo è fondamentale considerare alcuni aspetti importantissimi nella scelta eventuale del proprio sistema sulla base delle specificità della produzione.

Di seguito una carrellata di riflessioni che consiglio, dopo aver avuto la fortuna di lavorare per oltre 150 aziende in percorsi di formazione e consulenza:

 

 

  1. TERZISTA O PRODOTTO PROPRIO?

 

Semplificando di molto la risposta, potremmo di certo dire che l’azienda che produce un proprio articolo tende ad avere un vantaggio enorme rispetto al terzista puro.

Se si dispone di un ufficio tecnico aperto al confronto con la produzione è possibile sfruttare al massimo le capacità dell’automazione ingegnerizzando i pezzi a favore del processo.

Banalmente, si può modificare la forma di un particolare per favorirne la presa o la pallettizzazione da parte del robot pur non intaccandone la funzionalità.

Per un terzista può diventare più complesso “correre dietro ai pezzi degli altri” con sagome difficili da manipolare, fori che cascano proprio sulle ventose, sequenze ardite, ecc.

Per questo è bene affidarsi ad un costruttore dalla lunga esperienza, mostrare una panoramica vasta (e soprattutto coerente) con ciò che si vuole automatizzare.

 

Spesso l’errore di chi sta valutando l’acquisto di una cella robotizzata è quello di attendersi che faccia tutto, compreso ciò che è complesso fare a mano.

Talvolta gli studi preliminari da parte degli integratori e delle aziende di macchine mostrano che i potenziali clienti li stanno “mettendo alla prova” anche con articoli che nella realtà non verranno mai automatizzati a causa delle quantità scarse.

 

 

  1. TANTI O POCHI?

 

La piegatura della lamiera robotizzata è tradizionalmente vista come un mezzo interessante solo in presenza di lotti che solo possono essere definiti “faraonici” per la loro ingenza.

Questa credenza sta via via sgretolandosi grazie alla costante ricerca tecnologica che da un lato rende la programmazione sempre più intuitiva e alla portata di tutti, dall’altro permette una flessibilità irraggiungibile solo pochi anni or sono.

 

Ci sono produttori blasonati che mi hanno informato orgogliosamente di essere in grado di effettuare il famigerato “primo pezzo buono” grazie all’integrazione con un CAM evoluto e sistemi all’avanguardia. Ebbene, personalmente non stento minimamente a crederlo!

 

 

  1. QUALITÀ ALTA O “DIVERSAMENTE ALTA”?

 

È innegabile che all’oste non si può chiedere se il vino è buono…e proprio per questo ognuno a casa sua, davanti agli estranei, tende ad enfatizzare in buona fede il proprio livello di qualità.

Nella realtà, in maniera del tutto trasparente, è bene fare un distinguo tra ciò che serve veramente preciso e ciò che, per il compito che assolve, può benissimo risultare più “dozzinale”.

 

Nel primo caso valuterei un robot che lavori con una pressa piegatrice dotata di un controllo dell’angolo, in modo tale da poter standardizzare la produzione a valle.

Ne esistono di moltissimi tipi e tecnologie, ognuno con i propri specifici punti di forza.

Il robot, per quanto possa rivelarsi un amico fedele della produzione, non è in grado di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Ragion per cui è possibile trovarsi al mattino con un lotto di pezzi non conformi allegramente piegati durante la notte.

 

 

  1. CHI CI METTO?

 

Altro argomento davvero interessante e ricco di visioni differenti, dove, ovviamente, la risposta parte dal tipo di produzione che un’azienda possiede.

 

Ad esempio, se produce esclusivamente sottovasi in inox in tre modelli e quattro pieghe, non stenterei a credere che si serva con soddisfazione di vecchie presse piegatrici Schiavi RG e che i collaboratori non dispongano di una professionalità da urlo.

In quel caso è forse più naturale che a seguire la programmazione della cella robotizzata sia qualcuno dell’ufficio tecnico, se non altro perché si presuppone che abbia una maggiore propensione verso l’uso del pc e dei software in genere.

 

Nel caso in cui, invece, gli articoli siano vari e complessi, condizione che costringe ad avere collaboratori di livello superiore, ad usare il robot è bene che ci vada uno di loro, magari il più giovane e promettente.

 

Ho avuto l’occasione di lavorare in prima persona con una bella cella robotizzata di un noto integratore. Ebbene: l’essere stato già piegatore è stato di grande aiuto, perché mi permetteva di assecondare con più facilità i problemi che via via si presentavano durante la produzione di articoli complessi.

C’è chi, invece, è convinto in base alla propria personale esperienza che è quasi meglio far imparare ad usare la macchina ad una risorsa inesperta in modo che sia del tutto priva del proprio “bagaglio di credenze e inflessioni” …

A dirla tutta, oggigiorno è complesso trovare chiunque!

 

 

  1. MA I PIEGATORI COSÌ RESTERANNO TUTTI A CASA!

 

Ci sono opinioni striscianti che a volte emergono, specie nei gruppi a tema nei social network.

Quando qualcuno posta orgogliosamente un video di un robot che compie imprese mirabolanti il popolo della rete impazza fondamentalmente con due argomenti:

1 – “Eh, ma è lento: io ne faccio tre al colpo bevendo una birra nel frattempo!

Notare che la produttività è un argomento complesso e difficile da risolvere in un commento:

Quanti pezzi? Quanto tempo? E soprattutto… chi lo fa al posto suo?

2 – “Ah! Così resteranno migliaia di persone a casa!”

A prescindere dal fatto che, per quanto all’uomo della strada tutto divano officina e bar appaia impossibile che oggigiorno non si trovino le risorse da inserire quindi… figurarci quelle da lasciare a casa, a soffrire non saranno certo coloro che sanno fare il proprio mestiere.

 

Le competenze saranno aumentate ed evolute partendo dalla base solida data dalla conoscenza e dall’esperienza. Il piegatore della lamiera esperto e intelligente, una volta di più, potrà elevarsi andando a trovare il suo posto di elezione in un nuovo ufficio tra produzione e ufficio tecnico in cui donare tutto il suo valore distribuendo le competenze alle macchine utensili e a chi ne ha meno di lui.

 

Perché, come dico sempre e come a volte sfugge:

la tecnologia non è mai sostitutiva, è potenziante.

 

 

Articolo “focus” pubblicato sulla rivista Lamiera edizioni Tecniche Nuove Settembre 2022.

 

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