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Piegatori della gen X: tanti modi per una sola quota

 

“Paese che vai, usanze che trovi”.

Un detto che incarna molto bene l’umana tendenza a personalizzare ogni aspetto della vita… pur mantenendo molti tratti in comune!

Addentrandoci nelle aziende metalmeccaniche italiane (e non solo) è molto interessante vedere come gli addetti personalizzino in modi molto differenti e talvolta fantasiosi i processi, le modalità, le procedure, ecc.

La pratica di “trovare una propria via” è normale e diffusa a tal punto che, alla fine, si instaurano dei dogmi che è difficilissimo scardinare, anche quando gli sprechi di risorse sono imbarazzanti.

Tralasciando tuttavia le condizioni più estreme, ciò che avvalora umanamente una tesi è il raggiungimento di un risultato, per quanto non nel migliore dei modi.

 

 

 

CHE PIEGA STAI PRENDENDO?

 

Focalizzandoci su uno dei processi a maggior presenza di componente umana, come appunto è la piegatura della lamiera, è altresì interessante notare come anche solo la descrizione della quota della piega da raggiungere sia un argomento divisivo.

Come noto, l’asse su cui si interviene in una pressa piegatrice per effettuare una piega più o meno lunga prende il nome di “asse X”.

E già qui si apre un mondo…

Si, perché, se il disegno richiede una determinata quota, il come arrivarci pare essere del tutto soggettivo: è questione di riferimenti e… di abitudini!

 

 

 

ESTERNO, INTERNO, QUOTA EFFETTIVA?

 

Prendiamo ad esempio la Figura 1 riportata sotto, dove un semplice pezzo di lamiera a “L” è quotato in maniera chiara e inequivocabile: all’operatore è richiesto di raggiungere la quota 50mm con un grado di precisione imposto dalle specifiche tolleranze.

piegatura-della-lamiera-quote-di piegatura

Figura 1

Ebbene, i riferimenti possono essere ben 3 e sono sostanzialmente tutti differenti tra di loro.

 

1) QUOTA ESTERNA: l’operatore non dovrà fare altro di inserire il numero “50” nell’apposita casella dell’asse X in fase di programmazione. Sarà l’algoritmo del controllo numerico che adotterà una compensazione (correzione) negativa di una grandezza risultante dall’insieme dei dati inseriti, quali:

  • il materiale;
  • la larghezza della matrice;
  • i gradi da ottenere.

 

Ponendoci nel campo delle ipotesi: qualora l’algoritmo generasse un valore perfettamente sovrapponibile ad una rilevazione reale, la correzione generata sarà pari a -3,5 mm.

La quota X reale, di conseguenza, risulterà di 46,5 mm, come in Figura 2.

quote-piegatura-della-lamiera

Figura 2

 

2) QUOTA INTERNA: questa volta l’operatore dovrà inserire il valore 46 nell’apposita casella delle X. Il controllo numerico genererà una correzione di 0,5 mm che, di nuovo, porterà la X reale a 46,5mm.

 

3) QUOTA EFFETTIVA: in questo caso l’operatore sceglie deliberatamente di non disporre di nessuna “autocorrezione” da parte del controllo numerico.

Sostanzialmente sarà lui a decidere la quota esatta da far raggiungere alla X scrivendo 46,5 mm nell’apposita casella.

 

 

GENERAZIONI DI PIEGATORI A CONFRONTO

 

Come mai tutte queste possibilità a disposizione?

Non si corre il rischio di creare inutili confusioni e peggiorare la standardizzazione in un processo che, tradizionalmente, tende a soffrire di una certa “artigianalità cronica” non sempre del tutto giustificabile?

Sì e no…

Lavorare la lamiera con le quote effettive è forse un retaggio delle generazioni non più tanto giovani e che si sono formate lavorando con macchine completamente manuali o, comunque, provviste di sistemi di automazione molto rudimentali.

Piegare con una macchina priva di qualsiasi database o calcolo di autocorrezione è davvero un’operazione non alla portata di tutti. Bisogna avere una certa elasticità mentale e, ancor di più, il tempo necessario e la voglia di apprendere a fondo le logiche di funzionamento del processo.

 

I costruttori di controlli numerici sono consci della massiccia presenza ancora oggi di una vecchia guardia che, umanamente, tende a mal sopportare gli automatismi e le semplificazioni tecnologiche perché, per quanto siano semplificative, tendono a destabilizzare certezze vecchie di decenni. Per questo danno la possibilità di utilizzare la programmazione assecondando le abitudini più diverse.

 

Per un operatore giovane, invece, portato dalle dinamiche odierne del mercato ad essere operativo nel più breve tempo possibile, è tendenzialmente più opportuno fornire una pressa piegatrice con degli aiuti che gli consentano di non dover imparare “troppe teorie”.

 

 

QUANDO CI SI ABITUA ALLE COMODITÀ

 

Personalmente mi è capitato spesso di incontrare operatori con molti anni di esperienza di lavoro su macchine dotate di algoritmi di auto-correzione. Ebbene, una volta capitati in aziende dove le tecnologie e le abitudini erano da “vecchia scuola” tutte le loro certezze si sono sbriciolate.

Infatti, come spesso accade, quando ci si abitua alle comodità non si trova nemmeno necessario ragionare approfonditamente sul perché e in che modo si ottiene un risultato: tanto ci pensa la macchina!

In qualche caso, addirittura, ci si può imbattere in onesti e volenterosi operatori convinti che la quota esterna di una piega letta sul disegno e quella realmente raggiunta dall’asse X siano la medesima cosa.

 

 

DUE PIEGHE, UN SOLO ERRORE

 

A volte, poi, a causa della normale tendenza all’autodidattica, si creano delle lacune che si portano e si tramandano tra le generazioni per anni.

Una di queste è la quota X da inserire quando si desidera effettuare una piega appoggiando al riscontro una piega già fatta con una pressa senza correzioni automatiche.

È uno dei meccanismi logici di fondo del processo di piegatura della lamiera, ma che necessita di un ragionamento che sfugge a molti.

 

Nella Figura 3 c’è un pezzo con lo stesso spessore e la stessa deduzione di piega dell’esempio precedente: 4 mm e -7mm per 90°.

quote-pressopiegatura

Figura 3

Ora: per la quota da 30 mm, il valore di X, pari alla distanza dal bordo alla linea di piega è di 26,5 mm, coincidente con la misura reale raggiunta dal riscontro posteriore.

Notare che, come ovvio, la deduzione di piega va suddivisa in due parti uguali da -3,5mm.

Nella quota da 50 mm, che appoggia sulla piega appena effettuata, capita che alcuni operatori facciano confusione.

 

C’è chi, semplicemente, aggiunge uno spessore alle misure interne ottenendo sistematicamente una misura più corta e da sistemare successivamente con le correzioni manuali.

Qualcun altro, invece, aggiunge lo spessore alla quota relativa dello sviluppato (nella figura pari a 43 mm).

Nella realtà si deve togliere dalla misura esterna desiderata la metà della deduzione di piega, tanto quanto è stato fatto nella prima.

 

La pratica è più logica di quanto ci si possa aspettare:

se per ottenere una piega da 30 mm si imposta una X a 26,5, per ottenere una da 50 si dovrà impostare una X a 46,5, non certo a 46!

In sostanza, ancora una volta, si dovrà togliere metà deduzione, pari a -3,5mm.

Ci sono, poi, casi in cui l’algoritmo fornisce auto-correzioni molto differenti dal reale.

È comprensibile e normale soprattutto in condizioni “estreme”, ma è tutto un altro argomento…

 

 

CONCLUSIONE

 

In definitiva, la piegatura della lamiera si conferma un processo tanto tecnico quanto umano, dove le variabili non sono solo meccaniche, ma anche aziendali, generazionali e personali. Comprendere i diversi approcci non significa solo migliorare la precisione, ma anche valorizzare il patrimonio di esperienza che ogni operatore porta con sé. Solo attraverso il dialogo tra tradizione e innovazione si potrà davvero piegare, costruendo un equilibrio tra le competenze dell’uomo e le potenzialità della pressa piegatrice, senza perdere di vista l’obiettivo principale: ottenere un buon risultato, nel modo più consapevole possibile.

 

 

Articolo pubblicato sulla rivista Lamiera edizioni Tecniche Nuove Luglio 2022.

 

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