Quante volte abbiamo inveito verso un collega giovane e inesperto
che stava per fare qualcosa clamorosamente al di fuori della propria portata?
Quante volte all’inizio della nostra carriera lavorativa ci sentivamo inebriati
da quell’entusiasmo spavaldo che ci faceva sembrare tutto facile?
E poi, sinceramente, quante volte ci è andata bene e non solamente in ambito lavorativo?
Non so a te, ma a me parecchie, abbastanza da aver avuto il “fattore C” tanto alto da portare sempre la pellaccia a casa.
Eravamo poco più che adolescenti di fronte a nuove sfide, condizione che porta spesso a diventare “adolescemi“.
Grazie alla formazione che faccio per le varie carpenterie, ho la fortuna di conoscere molte realtà diverse rispetto ad un tempo, tanti micro-cosmi dove certe cose si ripetono spesso con poche varianti.
Sembra quasi di assistere a commedie in cui cambiano gli attori, ma non le storie o i ruoli.
E così, tra un “Non ci sono più i giovani di una volta.” (fatto fisiologico questo, essendo diventati tutti loro malgrado adulti o anziani) e un “Ai miei tempi era diverso.” (quando in realtà ciò che più è cambiato è la persona lo dice), assisto spesso a dinamiche ripetute.
Ma al di là di questo, la mia riflessione va su un fenomeno tipico della mente umana e di come reagisce, specie se giovane, a nuove situazioni e all’apprendimento.
Tra la fine del Novecento e i primi anni del 2000 due studiosi, Dunning e Kruger, compirono degli studi e tracciarono un grafico che, col senno di poi, può apparire pure divertente.
Il grafico creato da Dunning e Kruger mette in relazionela consapevolezza e la capacità e come cambia il rapporto fra queste due grandezze
nel corso del tempo.
Ho adattato il grafico ad un lavoro in officina tipo quello del piegatore della lamiera, ma può andare bene con qualsiasi altro!
Andiamo quindi ad analizzarlo:
vedremo quanto all’inizio ci si trovi in una naturale condizione di stupidità che fa sì che non ci si accorga dei propri limiti, a fronte di una percezione di grande capacità personale.
C’è da dire che in alcuni individui questa condizione non muta nel tempo, ma è un altro discorso…
Di seguito le fasi:
- Si parte a bomba, convinti di aver capito tutto e bisognosi di dimostrare tutto e subito: d’altro canto siamo dei geni ed è bene che tutto il mondo lo sappia.
Stiamo raggiungendo a grandi balzi il punto numero due:
- La “CIMA DELLA GANDE CAZZATA“.
Essa coincide con un lotto enorme di pezzi cannati, un grave danneggiamento alla macchina utensile, un infortunio o qualsiasi cosa che fa rimpiangere in pochissimi istanti la fortuna di esser nati.
Siamo ancora storditi mentre cadiamo verticalmente nella terza fase:
- Il “PRECIPIZIO DELL’AUTOSTIMA“.
In questa rapida discesa ci sentiamo addosso tutti gli sguardi torvi dei colleghi e dei superiori e calano anche le naturali autodifese. Non c’è posto per lo scarica-barile e viene allo scoperto ciò che siamo: dei pirla, dei colossali pirla.
- Adagiati supini per un lungo periodo, rimaniamo immobili nella “VALLE DELLA DEPRESSIONE“, fase in cui accetteremo di essere coperti di insulti passivamente e tutto ciò che pensiamo di meritare è una maglietta con scritto dietro “calciami”.
- Operiamo alla nostra pressa piegatrice in silenzio mantenendo un basso profilo e ottenendo risultati senza alcuna esultanza.
Cominciamo a capire qualcosa: stiamo lentamente e a fatica percorrendo la “RISALITA DELLA RIVELAZIONE“, fase in cui una nuova e insperata consapevolezza ci illumina.
- Ci si inerpica lentamente ma senza fatica fino allo stato dell’arte: “L’ALTOPIANO DELL’AUTOSUFFICIENZA“, la tanto agognata meta in cui nessuno ci verrà a dire come attrezzare la macchina o quale piega fare per prima, ad esempio.
TI CI SEI RICONOSCIUTO ALMENO UN POCHETTO?
C’è da dire che esiste un secondo aspetto emerso dallo studio dei sopra citati Dunning e Kruger, ossia un fenomeno (a mio avviso perverso) triste e doloroso che affligge fisiologicamente l’umanità…
DESCRIVE DI COME GLI STUPIDI SIANO PRIVI DI DUBBIAL CONTRARIO DEGLI INTELLIGENTI CHE NE HANNO IN CONTINUAZIONE.
Ebbene sì: un basso quoziente intellettivo comporta anche una scarsa capacità di valutazione della propria intelligenza che, quindi, negli individui che ne sono sprovvisti in quantità, appare smisurata.
Insomma: più uno è stupido e più ha certezze, che poi coincidono con mere semplificazioni, tipo la classica “È così e basta.” – oppure – “Non può essere diversamente.” – o ancora – “Abbiamo sempre fatto così!”
Per contro, gli individui più intelligenti hanno spesso molte incertezze e sono convinti di non avere alcuna straordinaria capacità.
Chiaro che sto semplificando, ma facci caso:
chi ha sempre una risposta è chi non si fa mai una domanda.
A volte mi approccio con operai vecchi (e non intendo anziani, sia chiaro!) che manifestano orgogliosi i loro trent’anni e oltre di esperienza composti, in realtà, da un anno ripetuto trenta e più volte a fare profili a ELLE e U.
Da questi individui non si cava altro che supponenza, vanità e solide (e assurde) certezze.
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