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ECCO COME OTTENERE SVILUPPI PERFETTI

Ecco come ottenere sviluppi perfetti.

“Gino è il primo con il quale ho mosso i primi passi nel mondo della carpenteria metallica.
Nella sua piccola officina si lavorava prettamente la lamiera e Gino era un autentico asso: da fogli piani otteneva forme incredibili di ogni genere con l’abilità di un maestro di origami e il tutto con poche macchine, ma tanta fantasia, talento ed esperienza.

Gino poteva contare su una cesoia, un plasma a mano e una vecchia pressa Schiavi RG, di quelle che salgono dal basso per lavorare la lamiera, un parco utensili composto da tre o quattro punzoni e due serie di matrici multiple. Stop.

A volte lo andavo a trovare con la scusa di dare una mano e di potermi sentire grande.
Un giorno mi disse: “Prendi questo pezzetto e tagliamelo alla cesoia che devo farci una L da 50 x 50 finita e larga 100. Ma mi raccomando: la devo fare precisa!

Sapevo cosa era una L in lamiera e come l’avrebbe ricavata con la pressa piegatrice, allora ragionando tra me e me, con tutto l’impegno per non far brutta figura, cominciai:
Il pezzo di lamiera ha uno spessore di 6 mm, lo si deve piegare in modo che risulti una L da 50 x 50 millimetri finita. “E poi… finita? Intenderà dire le misure esterne!”, pensai.

Dunque,” – mi dissi – “se dev’essere 50×50 millimetri finita, immaginiamo di riaprirla: quanto dovrà essere lungo il pezzo da tagliare alla cesoia?” Al che aprii idealmente la piega, disegnai il pezzo piano con le quote su un altro foglio e via! Il gioco era fatto.
Il risultato? Un bel quadrato da 100 x 100 mm.

Nulla di più semplice” – pensai andando verso la cesoia e pregustandomi i complimenti che mi avrebbe fatto il buon vecchio Gino. Ma quando Gino prese il quadrotto lo guardò e lo misurò con il sorrisetto di chi già sapeva che avrei sbagliato.
Gli mancano almeno due millimetri, ma anche due e due.” – Restai di sasso. Come poteva essere vero? O meglio, come poteva saperlo prima di averlo piegato?

Semplice: esperienza!

Per dimostrarmelo girò la matrice sulla V da 35°, posizionò i riscontri a 50 e piegò.
Il risultato? Una L con misure esterne da 48,8 mm da un lato e 49 mm dall’altro.
Cioè” – dissi sbalordito – “manca 1 millimetro da una parte e 1,2 dall’altro.
Sommali!” – rispose con un sorriso sornione – “Due e due… A me piace piegare strettino, i raggi li voglio più secchi.

Quasi quasi non ci dormii la notte e ancora oggi ogni volta che mi trovo a disegnare con Solid Works un qualche cosa che va piegato mi ritorna in mente…“

[mk_blockquote style=”quote-style” font_family=”none” text_size=”12″ align=”left”]

Questo è un racconto di un caro amico disegnatore prima, progettista poi, con cui ogni tanto bevo una birra scambiando quattro chiacchiere sul nostro lavoro.

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Una volta di più emerge il problema degli sviluppi,
cioè la corretta modalità per determinare le dimensioni di un pezzo piano prima che venga piegato.

Nonostante i passi avanti fatti dalla tecnologia in tutti i campi, dalla produzione stessa delle lamiere, alla progettazione, al disegno cad ma anche al processo di pressopiegatura, c’è una sorta di “buco” che ancora oggi a molti sfugge. Non è raro quindi che io incontri aziende in cui troppo spesso non si affronta il problema dei cosiddetti “ritiri” sul materiale da piegare, con conseguenti errori di progettazione, di esecuzione e l’ottenimento di pezzi che non rispettano le tolleranze.

Tutto ciò è davvero frustrante in quanto per ogni errore si devono considerare una serie di costi che vanno sommati e che, in un anno, danno delle cifre da capogiro e dell’ordine di migliaia di euro.

[mk_blockquote style=”line-style” font_family=”none” text_size=”12″ align=”left”]Un pezzo errato nello sviluppo nasce già male
e il danno economico verrà propagato su tutta la filiera produttiva.[/mk_blockquote]

ECCO UN ESEMPIO PRATICO

Dobbiamo evadere un ordine di 500 staffe di acciaio inox Aisi 304, spessore 50/10 che hanno una forma a Z, quindi con due pieghe.

Le tolleranze ammesse sono dell’ordine del +/- 1 mm sul totale e +/- 0,5 sulle flange (le alette piegate). Ci sono inoltre due fori a 13 mm dalle linee di piega.

Vediamo passo-passo qual è l’entità del disastro che scaturisce dal pezzo nato male:

1. L’ufficio commerciale passa la palla il disegno del pezzo finito all’ufficio tecnico che dovrà disegnare con il software in utilizzo lo sviluppo del pezzo piano. (Tempo necessario? Ipotizziamo 1 ora)

2. Nesting dei pezzi sulla lastra e generazione del programma di taglio. (Tempo necessario: alti 30 minuti e 1.000-1.200di materiale)

3. Taglio dei pezzi comprensivo di carico lastra, lancio programma e scarico pezzi e sfridi (Indicativamente 8 ore)

4. Trasporto e attrezzaggio macchina (Almeno 30 minuti)

A questo punto c’è l’operatore certosino che ti fa la differenza e che si accorge che qualcosa non va al primo pezzo. Ha montato una matrice da V=25mm per salvare i fori e il pezzo gli cala di oltre 2 mm per piega: circa 4,5 mm totali!

A questo punto il pasticcio è già stato fatto quasi per intero solo per non aver aggiunto 4,5 mm allo sviluppo se ne sono andati di botto, nella migliore delle ipotesi, circa 2.000

Ma se il piegatore non è così vispo e a testa bassa finisce tutto il lotto passiamo al punto 5:

5. Piegatura inconsapevole (Tempo stimato 10 ore)

A questo punto il danno aumenta e sfiora allegramente i 2.500-3.000.

Ma non finisce qui!

Hai un danno incalcolabile quando il cliente finale contesta tutto il materiale perché si accorge che il lavoro è uno schifo.
A quel punto si aggiungono i costi di:

  • Tempo
  • Imballaggio
  • Trasporto
  • E il danno di immagine, difficilmente quantificabile.

Dunque: questo quello che avviene per 500 “stupidissime” Z di inox, figuriamoci per lavori più corposi!

[mk_blockquote style=”line-style” font_family=”none” text_size=”12″ align=”left”]Sbagliare un componente complesso può veramente rivelarsi un vortice di denaro che non torna più indietro e se gli errori sono decine, o addirittura centinaia all’anno, pensiamo a quanto si potrebbe risparmiare eliminandoli.[/mk_blockquote]

LE SOLUZIONI

Le SOLUZIONI sono molteplici e vanno assolutamente considerate:

1) Alla fonte servono disegnatori consapevoli e formati.

2) Concordare con il cliente dove si può scaricare l’errore che, per quanto piccolo e ridotto, è inevitabile.

3) Formare i piegatori non solo dal punto di vista dell’uso delle macchine, come fanno ad esempio i costruttori di presse, ma insegnando loro le basi e le regole del processo di piegatura.

Tutti, o quasi, improvvisano in piegatura e tutti sono autodidatti.

Quante volte un disegno che sembrava perfetto non corrisponde alla realtà una volta piegato?

Se sei un imprenditore non puoi permetterti di
avere dei collaboratori che non eliminano questa problematica che divora le tue tasche!

 

Se sei il progettista per uno studio non puoi permetterti di
non sapere con quali utensili verranno piegati i pezzi che disegni perché rischi di sbagliare le misure!

Attenzione: i programmi come Solidworks o Solid Edge e affini, prevedono una funzione di unfold, cioè un “auto-sviluppo” del pezzo partendo da un oggetto in 3D, ma se non imposti i parametri esatti (fattore k, raggio interno e via dicendo) ti trovi a fare delle schifezze che dovranno essere corrette in officina (quando possibile) con un aumento dei tempi di realizzazione, dei costi e un abbassamento della qualità.

[mk_blockquote style=”line-style” font_family=”none” text_size=”12″ align=”left”]Su quali parametri e come puoi intervenire?
E soprattutto, cosa sono e come si trovano?[/mk_blockquote]

A questo punto occorre fare un passo indietro: bisogna essere stati un po’ Gino.

Chiaro, non puoi di certo pensare di aprire una carpenteria al solo scopo di fare esperienza pratica! La formazione in pressopiegatura, d’altro canto, nelle scuole non esiste e i concetti che si trovano scritti nei manuali costringono spesso ad un ripasso di matematica e fisica che non è detto che tutti siano disposti a fare.

Io sono un perito meccanico e col mio lavoro mi sono posto tra l’ingegneria e la produzione cercando di far comunicare questi due mondi che spesso non si fidano l’uno dell’altro o che non si riconoscono.

Per questo voglio aiutarti con alcune semplici nozioni, che sono solo una parte di quello che ruota attorno allo spinoso problema degli sviluppi.

LE LINEE GUIDA SU COME AFFRONTARE IL PROBLEMA

  • La larghezza della matrice (la V) è il parametro primario da tenere in considerazione: più è larga, più lo sviluppo è corto. Perché?

Semplice: una matrice stretta genera un piccolo raggio, una larga un raggio più grande, quindi a parità di sviluppo, ho un pezzo più corto se piego con una matrice più piccola.

  • Il rapporto di r/s. cioè raggio interno/spessore.

Se questo rapporto è basso (minore o uguale a 1 come nella stragrande maggioranza dei casi) il piano neutro si trova in un punto piuttosto facile da individuare, cioè a circa 1/3 dello spessore partendo dall’interno.

  • Il materiale. Materiali più tenaci generano raggi più grandi a parità di utensili.

Ad esempio un Aisi 304 (inox) genera un raggio indicativamente di 1,4 volte quello del ferro (S235 ad esempio) quindi vuole sviluppi più corti. L’alluminio genera raggi più secchi.

CONCLUSIONI

Ecco, adesso hai delle linee guida su come affrontare il problema atavico degli sviluppi.
Tieni bene a mente questi concetti fondamentali per non essere costretto a continuare a buttare soldi e tempo nella cassa del rottame!

Se vuoi conoscere passo-passo come riuscire definitivamente a salvare migliaia di euro all’anno, tempi morti, risorse e nervosismi puoi fare queste 5 cose: